Che senso ha usare un amplificatore a valvole?

Ho scritto questo articolo su richiesta del CNR di Pisa per accompagnare una loro partecipazione al DSP DAY 2010 organizzato dall'Università di Milano.

Prima di tutto una premessa:

Lo scopo del processo di registrazione è di realizzare una rappresentazione il più possibile fedele del suono. E il suono riprodotto dovrà essere gradevole. Dovrà assomigliare all’evento naturale? Indiscutibilmente sì, però se consideriamo che sarà impossibile replicare le stesse condizioni dell’evento naturale (se non altro per il diverso ambiente), forse è più corretto pensare alla registrazione non tanto come ad una “fotocopia” dell’evento naturale, quanto piuttosto come ad un … dipinto. La registrazione dovrà essere una specie di rappresentazione dell’evento naturale “visto” con le orecchie del fonico che ne ha curato l’acquisizione, l’elaborazione ed il mastering.

Oggi esistono ottimi convertitori AD, le schede di acquisizione hanno ottime prestazioni e i software di elaborazioni permettono di fare qualsiasi ritocco, correzione … “magia” sul suono acquisito, tant’è che è effettivamente possibile costruire una base musicale complessa (nel senso di composta da vari strumenti, per esempio una chitarra, una batteria, e un pianoforte) senza avere neppure uno strumento reale, ma utilizzando soltanto degli strumenti “virtuali”. Chiaramente occorre esperienza, ma è possibile. In maniera analoga, è effettivamente possibile acquisire una voce impiegando solo un microfono, una scheda di acquisizione e un buon software … estremizzando … la scheda di acquisizione non è strettamente necessaria, visto che esistono anche i microfoni con interfaccia USB.

Tuttavia consideriamo che durante il processo di registrazione sono coinvolti i seguenti processi

  • Trasduzione dell'informazione dalle onde di pressione al segnale elettrico
  • Amplificazione del segnale elettricp
  • Conversione AD e successiva elaborazione

La trasduzione delle onde di pressione in segnale elettrico è tutt’altro che innocua, se non altro perché coinvolge la deformazione fisica del trasduttore stesso generalmente costituito da un condensatore le cui armature, sottoposte alla pressione del suono, si deformano causando una variazione di capacità da cui si ricava poi il segnale elettrico. Questo impedisce che il segnale acquisito sia una l’esatta “fotocopia” del suono d’origine e apre il mondo dei “ritocchi”.

E infatti, è vero che possiamo prendere un microfono e, previo inserimento di un amplificatore, ascoltare direttamente in cuffia il suono “catturato”, tuttavia ben difficilmente questo suono sarà soddisfacente. Non dico che il suono ottenuto sarà in qualche misura brutto o carente (parto dal presupposto che la catena sia comunque funzionante), ma che più o meno inconsciamente lo confronteremo all’evento naturale e concluderemo che gli mancherà qualcosa.

E’ evidente che ha poco senso pretendere di prendere un microfono, acquisirlo con un sistema AD e sperare di ottenere il suono perfetto: per quanto siano ottimi il microfono e il sistema di conversione AD, alla fine … sarà impossibile ottenere una perfetta “fotocopia” e allora tanto vale introdurre nella catena di acquisizione tutti quegli effetti che siano in grado di migliorare la registrazione.

Che vuol dire “migliorare”?

Non necessariamente il suono migliore è quello più fedele. Perché alla fine il suono non viene ascoltato con l’oscilloscopio o con l’analizzatore di spettro, ma con il cervello e viene sempre e comunque confrontato con i ricordi. Per cui una riproduzione è migliore di un’altra se riesce a trasmettere più emozioni, se affatica di meno, se non viene voglia di interromperla perché palesemente “falsa”.

Con queste premesse è illogico pensare alla catena di acquisizione come ad uno strumento di misura che restituisca solo ed esclusivamente una diversa rappresentazione (perché numerica) del segnale analogico di ingresso. E’ legittimo introdurre dei meccanismi che in qualche misura modifichino il segnale stesso.

E’ per questo che nel corso degli anni i vari costruttori hanno proposto innumerevoli tipologie di amplificatori, ognuna più o meno caratterizzata da un ben preciso “suono”, e che ad oggi esistono gli estimatori delle valvole, e quelli dello stato solido, gli estimatori del push-pull e quelli del single ended e così via.

Ed in quest’ottica la richiesta di un amplificatore a valvole è perfettamente sensata, perché finalizzata all’ottenimento di un suono diverso da quello che si ottiene collegando direttamente il microfono alla scheda di acquisizione.

L’amplificatore da interporre fra microfono e scheda di acquisizione viene ad essere non tanto un condizionatore di segnale (perché per questo scopo c’è già il buffer generalmente integrato direttamente nel microfono), quanto piuttosto una macchina per mezzo della quale recuperare (o anche aggiungere) tutta quella serie di sfumature, di colorazioni, che in definitiva fanno poi la differenza e che rendono la registrazione più “gradevole”.

Per evitare confusioni, merita precisare che questa concezione è opposta all’HiFi:

  • In ambito HiFi generalmente si cerca un sistema che sappia riprodurre nellamaniera più neutra possibile la registrazione
  • In ambito professionale, l’amplificatore (e più in generale la catena di acquisizione) devono essere in grado di operare tutte quelle modifiche che il fonico ritiene necessarie perché è il fonico che sta costruendo il suono. E’ il tecnico che sa cosa vuole ottenere e per questo deve avere i mezzi e gli strumenti per ottenerlo.

Ma perché chiedere proprio un amplificatore a valvole?

Perché lo scopo è ottenere una certa colorazione del suono, facile da replicare e facile da modificare e “tarare” sul gusto personale e/o sulle caratteristiche tipiche dell’evento che si sta registrando. Chiaramente non è necessario usare le valvole, nessuno vieta di usare i transitori bipolari, o anche gli operazionali, tutto dipende da quello che si vuole ottenere e da come lo si vuole ottenere.  Nel mio caso la richiesta era ben precisa: l’amplificatore doveva essere in grado di:

  • "scaldare" il suono : termine molto brutto per dire che il suono doveva arricchirsi prevalentemente di una seconda armonica in modo da essere percepito come più corposo, più gonfio. Forse un po’ più impastato, ma di sicuro più coinvolgente
  • l'entità del riscaldamento doveva essere modificabile ed adattabile di volta in volta
Dal mio punto di vista, il modo più semplice per ottenere questi risultati è proprio la realizzazione di un amplificatore a triodi.

E’ caratterizzato da:

  • struttura a due stadi: ciascuno stadio interviene sul segnale con un certo arricchimento armonico che dipende in massima parte dal livello al quale sta lavorando. Giocando opportunamente con i potenziometri del “GAIN” e del “MASTER” è possibile far prevalere l’arricchimento del primo stadio oppure del secondo stadio. Con un po’ di esperienza è anche possibile fare in modo che gli arricchimenti dei due stadi si combinino in maniera da … annullarsi a vicenda (è un po’ la stessa tecnica della cancellazione armonica molto usata in ambito hifi). E’ quindi possibile spaziare da una risposta più neutra ad una più carica di seconda e terza armonica
  • ciascuno stadio è costituito da un SRPP: è estremamente versatile perché permette di far lavorare il tubo inferiore (che poi è l’amplificatore vero e proprio) praticamente su qualunque carico senza dover sempre combattere con le combinazioni di tensione e corrente a riposo
Ingresso e uscita sono accoppiati a trasformatore: da un punto di vista strettamente elettrico questo permette di isolare la massa dell’amplificatore sia dall’alimentazione del microfono che da tutta la catena che sta a valle dell’amplificatore stesso. Si riducono quindi i rischi di rumori e si aumenta la compatibilità dell’amplificatore nei confronti delle varie situazioni di utilizzo reale. Inoltre, nei confronti dell’uscita, si può ottenere un abbassamento dell’impedenza di uscita (chiaramente a discapito del guadagno complessivo) a tutto vantaggio della capacità di pilotaggio e della risposta in frequenza (che quindi diventano “meno dipendenti” da quello che viene collegato in cascata all’amplificatore)

Infine un cenno alle prestazioni del prototipo:

  • guadagno massimo complessivo: circa 500 (pari a 53dB). E’ un guadagno decisamente esagerato, ma può tornare utile in caso di microfoni con bassa uscita oppure collocati lontano dalla sorgente
  • banda passante: 5Hz - 70kHz a -3dB e con uscita chiusa su 1kohm
  • massima tensione erogabile su 1kohm: 7BVrms (con THD al 2.4%)


La figura seguente mostra lo spettro dell’uscita alla massima tensione erogabile e nel caso di entrambi i potenziometri di GAIN e MASTER regolati per il massimo guadagno: la presenza di una 4^ e 5^ armonica segnalano l’approssimarsi del clipping così come una 3^ armonica decisamente superiore alla 2^ è indice che i due stadi contribuiscono entrambi all’arricchimento del segnale (che quindi viene “deformato” in maniera tutto sommato simmetrica).



E infatti, lavorando, per esempio, con il GAIN verso il massimo e il MASTER a poco più di un quarto di corsa, l’arricchimento armonico tende a prevalere di 2^ armonica. A titolo di esempio riporto la seguente analisi di spettro (la differente ampiezza della fondamentale, stimabile in  circa 10dB, è dovuta essenzialmente all’attenuazioen di un fattore 4 introdotta dal diverso settaggio del potenziometro MASTER )



Arrivati a questo punto, sorge chiaro un dubbio: l’arricchimento armonico prodotto da questo amplificatore è, in sostanza, una distorsione. Tale distorsione è oltretutto neppure tanto piccola, visto che è dell’ordine del 1 – 2% alla massima tensione erogabile. Che effetto ha sul suono?

Premetto che l’amplificatore lavora ad anello aperto, quindi la distorsione è tutto sommato proporzionale alla tensione erogata. A spanne, considerando di lavorare mediamente con una tensione di uscita dell’ordine di 1Vrms, la distorsione difficilmente supererà lo 0.5%, che tuttavia è sempre un valore decisamente più alto dei vari 0.000001% spesso dichiarati come HiFI.

Per dimostrare l’effetto prodotto propongo i file audio di esempio: in tutti i casi è stato usato il microfono C5P-EXT (un mio microfono costruito con la capsula di Tim Campbell, abbinata ad un amplificatore a jfet, con accoppiamento a trasformatore e alimentazione esterna … le prestazioni complessive sono confrontabili con quelle di un Neumann U87). Tale microfono è stato poi collegato direttamente alla scheda di acquisizione (una MOTU 828MK3) oppure passato tramite l’amplificatore a valvole appena descritto.

  • CantoPreScheda.mp3 - Vs - CantoPreValvolare.mp3: si osserva come con l'amplificatore valvolare la voce sia generalmente più calda, avvolgente. Entrando direttamente nella scheda audio il suono è invece caratterizzato da una certa asprezza della gamma alta e la dinamica sembra inferiore
  • Il confronto ParlatoPreScheda.mp3 - Vs - ParlatoPreValvolare.mp3 dimostra ancora più chiaramente la differenza (con tutto il rispetto ... la stessa voce che in ParlatoPreValvolare.mp3 è calda e coinvolgente, in ParlatoPreScheda.mp3 somiglia a ... Bruno Vespa)



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